Il tartufo è conosciuto fin dai tempi più antichi: per il fatto di nascere e crescere sottoterra è sempre stato considerato misterioso.
In epoca romana il tartufo era molto APPREZZATO per il suo gusto ed aveva un prezzo elevato proprio a causa della sua rarità, dovuta alla sua DIFFICILE reperibilità: le prime ricette di piatti a base di tartufo si ritrovano nel “De re coquinaria”, opera di Marco Gavio detto Apicio che fu un celebre gastronomo vissuto ai tempi dell’imperatore Tiberio.
La ricerca del tartufo nero è da sempre stata avvolta dal mistero in quanto nessuno dei tartufari ( cercatori di tartufo) è disposto a raccontare i luoghi preferiti dove cerca il tartufo o la metodologia di questa ricerca fatta con il cane o solo con dei bastoncini come farebbe un rabdomante, solo di notte o solo di giorno. L’equilibrio di una tartufaia è precario, non si può rischiare di lasciarlo rovinare da chi si improvvisa cercatore di queste pepite. Da sempre la raccolta del tartufo ha rappresentato una buona fonte di reddito per le genti di questi luoghi; oggi le tartufaie esistenti sono numerose sia private sia di proprietà. Il tartufo nero si può coltivare con un certo successo sebbene la tartuficoltura abbia dei costi notevoli ma è il prezzo che bisogna pagare per assicurarsi nel piatto un prodotto di elevata qualità come è quello italiano. In Italia la raccolta del tartufo ha radici antichissime ma siamo il fanalino di coda in Europa con 10.000 kg. di tartufo raccolti l’anno dopo Spagna e Francia. Invasi dalle tonnellate di tartufo istriano e albanese, rumeno e iraniano spesse volte di pessima qualità dobbiamo imparare a distinguere le differenze di aroma con quello nostrano.
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